Pagina:Pulci - Morgante maggiore II.pdf/235

232 il morgante maggiore.

114 Or ritorniamo a’ Pagan, che stupiti
     Per maraviglia tenean gli occhi all’erta.
     Diceva Antea: Costor dove son iti?
     Chè la fiamma dal fumo era coperta:
     Son così tosto due monti spariti?
     E non poteva ignuna cosa certa
     Sapere ancor della lor morte súbita,
     Se non che pur di Malagigi dubita.

115 Ma poi che vide il segno del Quartiere,
     E ’ntese ben che ’l conte Orlando è questo,
     E riconobbe l’elmetto e ’l cimiere;
     Fecesi innanzi con sue gente presto,
     E dismontata in terra del destriere,
     Abbraccia Orlando quanto parve onesto,
     Che già di Vegliantino smontato era,
     Ed alzato dell’elmo la visiera.

116 Poi gli diceva con destre parole:
     Che caso è questo de’ giganti strano!
     Malagigi può tanto, quanto e’ vuole:
     Non so se s’è in Parigi o in Montalbano;
     E’ far fermare in ciel la Luna e ’l Sole:
     Ma questo è poco onor di Carlo Mano;
     Io mi credea co’ paladin di Francia
     Combatter con la spada e con la lancia.

117 Non son venuta qua, come Michele,
     A combatter, Orlando, con gli spirti;
     Che se col fuoco infernale e crudele
     Ci struggi, a me bisogna acconsentirti,
     Calar le sarte e raccoglier le vele:
     Ma non è certo di lauro e mirti
     Questa corona che tu metti a Carlo,
     Che si vuol d’altra gloria coronarlo.

118 Rispose Orlando: Il Marchese di Vienna
     Mi salutò per tua parte, Madama,
     E che tu se’ ritornata m’accenna
     Per acquistare in Francia onore e fama,
     E far che corra di sangue ancor Senna:
     Veggiam se giusta cagion qua ti chiama:
     Io so che del Soldan mi dolse e duole,
     Ma voler si convien quel che ’l ciel vuole.