49 Era Ulivieri alle volte superbo;
Gan bisognoe ch’avessi pazienzia,
E disse: Va’ pur là, ch’io te la serbo:
Carlo, questo m’è fatto in tua presenzia:
E dipartissi sanza dir più verbo.
Carlo gridava: Ah poca reverenzia!
Superbo, arroganton, bestiale e matto,
Io ti farò quel che tu cerchi, un tratto.
50 Disse Ulivieri: A te si vorre’ dare
Tanto in sul cul, che diventassi rosso,
E farti a Gano il tuo mignon frustare,
Che t’ha sempre trattato come uom grosso.
Carlo si volle di sedia levare,
E trasse il pugnal fuor per irgli addosso;
Se non che Orlando al Marchese di Vienna
Che si levassi dalla furia accenna.
51 Poi disse a Carlo Magno il suo parere:
Che tempo non gli par da perder tempo;
Ma che si debba al caso provvedere,
Acciò che i lor remedj sieno a tempo;
E che il consiglio dovessi assedere
L’altra mattina, e ritornar per tempo,
Da poi ch’egli era la sera adirato:
Chè chi s’adira non è consigliato.
52 E perchè molti autori hanno qui detto,
Che Ulivier diè la ceffata a Gano,
Quando e’ fu poi con Bianciardino eletto;
Parmi che il lor giudicio sia qui strano,
Di mandar con isdegno e con dispetto
A trattar pace col gran sire ispano
Un traditor come era Ganellone;
E scambian Bianciardin da Falserone.
53 In questo tempo arrivava a Marsilia
Una nave transcorsa per fortuna,
E raccontava una trista vigilia
Di mala festa, che non si digiuna;
E come Antea già ben trecento milia
A Babillona e per tutto rauna,
E come in Francia la guerra è giurata,
E tuttavia s’apparecchia l’armata.