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166 il morgante maggiore.

119 Mentre che in corte è il tuo caro nipote,
     Tu pensi qualche ingegno da cacciarlo;
     Com’e’ non c’è, tu ti graffi le gote,
     Chè doverresti per certo adorarlo,
     Sappiendo quanto e’ t’ama, e quanto e’ puote:
     Io vo’ che tu mi creda questo, Carlo,
     Che se ci fussi stato il nostro Conte,
     Questi Pagan non passavano il monte.

120 Mentre che molte cose ognun ragiona,
     Calavrion nel campo aveva inteso,
     Ch’Orlando in Parigi è colla Corona,
     E bestemiava il ciel di rabbia acceso:
     Sentia che la città tutta risuona,
     Che si pensava aver già Carlo preso;
     Subito fece il campo rafforzare,
     Ed Archilagio a consiglio chiamare.

121 Non si vantava più questo Archilagio,
     Come prima ogni giorno far soleva,
     Di pigliar Carlo insin drento al palagio:
     Ognun d’un altro paese pareva,
     E cominciava a far le cose adagio;
     Ognun d’Orlando paura già aveva:
     Sempre chi piglia i lioni in assenzia,
     Vedrai che teme d’un topo in presenzia.

122 Dunque Archilagio non è quel ch’e’ suole.
     Or ritornianci in Parigi ad Orlando.
     Diceva Orlando: Carlo, qui si vuole
     Presto ogni cosa venir disegnando,
     Ch’egli è tempo a far fatti e non parole:
     Questo Aldinghier va il suo padre cercando.
     Con dieci mila a Montalban ne vada,
     E Berlinghier gli mosterrà la strada.

123 Tu di’ che v’è Gherardo il padre drento.
     Subito in punto si misse Aldinghieri,
     E fu di questa andata assai contento;
     E va con esso il gentil Berlinghieri:
     Ben sai che detto e fatto un tradimento
     Aveva in punto già Gan da Pontieri.
     A Montalban di tratto si difila
     Con forse de' suoi amici venti mila.