157 Rinaldo, quel cristian c’ha tanta fama,
Con Ulivieri, Alardo e Ricciardetto,
E Gan cui traditore il mondo chiama,
Guicciardo, Malagigi ed un valletto,
Come e’ si sia, noi non sappiam la trama,
A Monaca si trovano in effetto;
Vanno pel mondo, e sai quanto sien forti,
E soglion dirizzar sempre ta’ torti.
158 Forse conoscon questo Galliano:
Io me n’andrei a Rinaldo, e ginocchione
Direi di dargli la città in sua mano,
Se venissi a punir questo ghiottone;
Egli è tanto gentil, benigno, umano,
E molto partigian della ragione,
Che ne verrà con la sua compagnia,
E renderatti la tua signoria.
159 E se bisogna, accoccala a Appollino
E Macometto, e quel che noi diciamo,
Chè ogni cosa è per voler divino;
Pensa, sanza cagion non lo facciamo,
Non guardar più scudier che pellegrino;
Amici antichi di tua stirpe siamo,
Forse Ciriffi, ch’andiam nella Mecche:
Questo ti dee bastar: salamalecche.
160 E dipartîrsi, anzi spariti sono;
Filiberta restò maravigliata,
E parvegli il consiglio di lor buono,
Tanto che infino a Monaca n’è andata;
Ch’ogni speranza ha messa in abbandono,
E gioveragli d’esser disperata,
Come avvien sempre, e che pensar bisogna:
Chi cerca truova, e chi si dorme sogna.
161 E la fortuna volentieri aiuta,
Come dice un proverbio ch’ognun sa,
Gli arditi sempre, e’ timidi rifiuta:
Filiberta a Rinaldo se ne va,
E volentier da tutti fu veduta,
E raccontò la sua calamità:
E ’ncrebbe tanto di questa a Rinaldo,
Che della impresa par più di lei caldo.