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canto decimosettimo. 375

129 Ch’io son disposto rompergli la fronte,
     Però che mio nimico è in sempiterno:
     E s’egli è della schiatta di Chiarmonte,
     Ed io del sangue son di Salinferno,
     E non intendo sofferir tante onte:
     Colui che ’l nome suo risuona eterno,
     Mambrin dell’Ulivante, anco era nato
     Del sangue mio da ciascuno onorato.

130 Disse Orlando: Io non so dove si sia
     Rinaldo ancor, ma s’io lo troverroe,
     Subito un messo a te mandato fia;
     E ’n questo modo andar ti lasceroe,
     Ch’al re Falcon non dia più ricadia,18
     Benchè malvolentier ti liberoe:
     Ma so che tu darai nell’altra rete,
     Se con Rinaldo mio vi proverrete.

131 Il Saracin promesse licenziare
     Del tributo quel re liberamente,
     E fece il campo suo presto levare.
     Orlando al re Falcon subitamente
     Nella città tornava a raccontare,
     Com'egli è salvo e libera sua gente;
     E dopo alquanti dì prese comiato,
     E lasciò quello al tutto sconsolato.

132 E cavalcando va per molte strade,
     Sanza posarsi mai sera o mattina,
     E domandando va per le contrade,
     Dove stia il re della Bellamarina:
     Tanto che giunse un giorno alla cittade,
     E quella damigella peregrina
     Rappresentava al suo doglioso padre,
     Che l’ha gran tempo pianta, e la sua madre.

133 Era vestito a nero la città,
     E ’l re con tutti i suoi con molto affanno,
     Nè sopra i campanil gridando va
     Ne’ suoi paesi più il talacimanno:19
     Per le moschee molti uficj si fa
     Al modo lor, che di costei non sanno,
     Dove perduta sia già stata tanto,
     Sicchè per morta n’avean fatto il pianto.