99 E’ parevon di Danne15 i suoi crin d’oro,
Ella pareva Venere nel volto;
Gli occhi stelle eran dell’eterno coro,
Del naso avea a Giunon l’esemplo tolto;
La bocca e’ denti d’un celeste avoro,
E ’l mento tondo e fesso e ben raccolto;
La bianca gola e l’una e l’altra spalla
Si crederia che tolto avessi a Palla.
100 E svelte, e destre, e spedite le braccia
Aveva, lunga e candida la mana,
Da potere sbarrar ben l’arco a caccia,
Tanto che in questo somiglia Diana:
Dunque ogni cosa par che si confaccia,
Dunque non era questa donna umana:
Nel petto larga quanto vuol misura,
Proserpina parea nella cintura.
101 E Deiopeia pareva ne’ fianchi,
Da portare il turcasso, e le quadrelle;
Mostrava solo i pie’ piccoli e bianchi;
Pensa che l’altre parte anch’eran belle,
Tanto che nulla cosa a costei manchi:
A questo modo fatte son le stelle,
E vadinsi le ninfe a ripor tutte,
Chè certo allato a questa sarien brutte.
102 Avea certi atti dolci e certi risi,
Certi soavi e leggiadri costumi,
Da fare spalancar sei paradisi,
E correr sù pe’ monti all’erta i fiumi,
Da fare innamorar cento Narcisi,
Non che Gioseppe per lei si consumi:
Parea ne’ passi e l’abito Rachele,
Le sue parole eran zucchero e mèle.
103 Era tutta cortese, era gentile,
Onesta, savia, pura e vergognosa,
Nelle promesse sue sempre virile,
Alcuna volta un poco disdegnosa,
Con un atto magnalmo e signorile,
Ch’era di sangue e di cor generosa:
Eron tante virtù raccolte in lei,
Che più non è nel mondo, o fra gli Dei.