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canto decimoquinto. 315

69 Io ti dono le chiavi in sempiterno
     Della mia vita, e tien tu il core e l’alma,
     Io vo’ che il nostro amor si facci eterno;
     Tu se’ colei che l’ulivo e la palma
     M’arrechi, e che mi cavi dello inferno,
     E la tempesta mia converti in calma.
     E non potè più oltre Orlando dire,
     Tanta dolcezza gli parea sentire.

70 Chiariella a Copardo ritornava,
     Ed ordinò che la notte seguente
     Rinaldo venga, ed Orlando cavava
     Di fuor della prigion segretamente;
     Ed a Rinaldo un messaggio mandava,
     E scrisse che venissi arditamente;
     E soggiugnea queste parole appresso:
     Giunta la lettra, sia impiccato il messo.

71 Rinaldo, ch’a questa opera era attento,
     Aveva in punto già le genti armate,
     La lettera ubbidiva a compimento;
     Al messo sue vivande ebbe ordinate,
     E fecegli de’ calci dare al vento:12
     Poi se n’andò alla porta alla cittate,
     Quivi trovava insieme armati in sella
     Copardo con Orlando e Chiariella.

72 Preso la porta, levorno il romore:
     A sacco, a sacco! alla morte, alla morte!
     E muoia l’Amostante traditore,
     E’ suoi seguaci, e tutta la sua corte!
     Il popol si destò tutto a furore,
     Vide i nimici già drento alle porte,
     E chi fuggiva, e chi per arme è corso,
     Chi si nasconde, e chi chiama soccorso.

73 L’Amostante si desta spaventato,
     E sente tanta gente e tante grida;
     Subito alcun de’ servi ha domandato:
     Che vuol dir questo che il popolo strida?
     Il me’ che può si lieva, e fussi armato,
     E corre come cieco sanza guida:
     E non sapea lui stesso ove e’ si vada,
     Chè avea smarrita e la mente e la strada.