84 Avino era venuto, per vedere
Quel che veder non vorrebbe per certo;
Ma ’l grande amor lo sforza, e più tenere
Non potè il pianto, tanto avea sofferto.
Guardava Astolfo contr’al suo volere
Le forche in alto, e ’l camin gli pare erto,
E quanto può di non salir s’attiene,
Chè di morir non s’accordava bene.
85 I Maganzesi gli sputan nel viso,
Come facieno a Cristo i Farisei;
Diceva alcun con iscorno e con riso:
Or fien puniti i tuoi peccati rei,
Ricordati di me su in paradiso.
Altri dicea, come ferno i Giudei,
Mentre ch’ognun quanto può lo percuote:
Dimmi stu sai chi ti batte le gote!
86 Tu il doverresti saper, paladino,
Tu doverresti conoscer la mano,
Se se’ profeta, astrolago o indovino:
Che guati tu? del senator romano,
O che ti scampi il figliuol di Pipino?
Ch’aspetti tu? Il signor di Montalbano?
Ne verrà a te, quando a’ Giudei il Messia;
Ed anco Cristo chiamò in croce Elia.
87 Era a vedere Astolfo cosa oscura;
Il manigoldo tirava il capresto,
Dicendo: Vien su con buona ventura.
E ’l traditor di Gan dicea: Fa presto.
Astolfo avea della morte paura,
Perchè ha diciotto in volta, e vanne il resto;
E tuttavia di soccorso pur guarda,
E quanto più potea di salir tarda.
88 Con le ginocchia alla scala s’appicca,
E ’l manigoldo gli dava una scossa;
Chi qualche dardo alle gambe gli ficca;
Ma sosteneva in pace ogni percossa:
Malvolentier dagli scaglion si spicca;
E cigolar si sentian prima l’ossa:
Pur per la forza di sopra e di sotto
Sopra il terzo scaglion l’avean condotto.