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canto decimo. 207

124 Per tutta Francia d’altro non si dice,
     Che femmina tua figlia è diventata
     D’Ulivieri, anzi più che meretrice:
     Dov’è tua fama già tanto vulgata?
     Dov’è il tuo pregio e ’l tuo nome felice,
     Chè la tua schiatta hai sì vituperata?
     Ciò ch’io ti dico, è il ver, della tua figlia;
     Se tu se’ savio, or te stesso consiglia.

125 La lettera poi dette a un messaggio,
     Che a Carador ne va sanza dimoro,
     E ’n poco tempo spacciava il viaggio,
     E rappresenta il brieve a Caradoro;
     Il qual sentì di sua figlia l’oltraggio,
     E mai non ebbe sì grave martoro:
     E la sua donna ne fu molto grama,
     Però ch’al tutto ingannata si chiama.

126 E la figliuola sventurata piagne,
     Dicendo: Lassa, perchè ti mandai,
     Poi che scoperte son queste magagne?
     Mentre tu eri qui ne dubitai;
     Perchè già tese mi parvon le ragne
     E’ tradimenti, ma pur non pensai,
     Che tanto ingrata fussi quella gente:
     Ma chi tosto erra, a bell’agio si pente.

127 O Caradoro mio, quanta fatica,
     Quanti disagi, e quanti lunghi affanni
     Sofferti abbiam, tu ’l sai, sanza ch’io ’l dica,
     Per allevar costei da’ suoi prim’anni;
     Poi la dài in preda alla gente nimica,
     Piena di frode, e di doli,37 e d’inganni:
     Non rivedrai mai più tua figlia bella,
     E se pur torna, svergognata è quella.

128 Queste parole assai passano il core
     Al tristo padre, e non sapea che farsi,
     Di racquistar la sua figlia e l’onore
     Perchè tutti i rimedj erano scarsi:
     Pur dopo molti sospiri e dolore,
     Colla sua donna in tal modo accordârsi,
     Che si mandassi Vegurto il gigante
     A condolersi delle ingiurie tante.