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xiv prefazione dell'annotatore.

la vera sede delle Muse, perciocchè, senza dire d’Antonia, ben tre fratelli s’ebbero ad un tempo lode di abili verseggiatori; onde a ragione il Verino disse di loro:

Carminibus patriis notissima Pulcia proles.
Qui non hanc urbem Musarum dicat amicam,
Si tres producat fratres domus una poetas?

Ma tornando a Luigi, il qual fu pure il più chiaro germe che uscisse di quella stirpe, s’acquistò chiarissima fama appresso i posteri, per avere il primo dato forma al Poema Romanzesco italiano, e con leggiadria raccontate le favolose istorie cavate dal romanzo o cronaca, come chiamar si voglia, attribuita a Turpino, o Tilpino, arcivescovo di Reims, e guerriero ad un tempo e paladino alla corte di Carlomagno. E comecchè gli altri, che dopo lui cantarono le cose medesime, di gran lunga se lo lasciassero addietro; pur tuttavolta rimarrà a lui la gloria d’aver loro aperta la strada. Fu però chi sostenne non esser questa opera del Pulci, ma sì d’Angelo Poliziano; ed oltre a molti altri Teofilo Folengio, più noto sotto il nome di Merlin Coccaio, sostiene a tutt’uomo tale opinione. Ma da ciò che il Pulci dice a lode del Poliziano nella stanza 146 e nelle seguenti dell’ultimo canto, e’ non pare potersene inferire che esso Agnolo fosse l’autore del poema, e che al Pulci ne facesse cortese dono, come asserisce Ortensio Lando; ma sì bene da esse stanze si cava come il Pulci avesse Agnolo in grandissima stima, e come desiderasse imitarne il leggiadrissimo poetare; onde disse alla stanza 147:

Io seguirò la sua famosa lira
Tanto dolce soave armonizzante
Che come calamita a sè mi tira.

Senzachè chiunque abbia lette le opere del Poliziano potrà agevolmente scorgere da sè medesimo quanta differenza sia tra quel suo piacevolissimo stile e questo del Pulci. Nè è più vero che Marsilio Ficino ponesse mano al poema aiutandone