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96 il morgante maggiore.

54 Disse Rinaldo: Vedestù mai tordo,
     Ch’avessi come ebb’io della ramata23?
     Costui pensò di guarirmi del sordo,
     Se fussi riuscito la pensata24.
     Disse Dodon: Quand’io me ne ricordo,
     Io triemo ancor di quella randellata:
     Che hai tu fatto di lui, Ulivieri?
     Tu gli corresti drieto col destrieri.

55 Disse Ulivieri: Egli è nato di granchi:
     Egli entrò in una buca sotto un masso,
     Mentre ch’io gli ero colla spada a’ fianchi,
     O si tornò in inferno a Satanasso.
     Intanto colui par ch’un arco abbranchi,
     Ed uno stral cavò d’un suo turcasso,
     Avvelenato, e fessi al bucolino,
     E trasse, e dette in un piè a Vegliantino.

56 E se non fussi che giunse al calcagno,
     Quanto potè più basso all’unghia morta,
     Non bisognava medico nè bagno.
     Disse Rinaldo: In pace te lo porta,
     Co’ pazzi sempre fu poco guadagno,
     Il mio lion non ci fa buona scorta.
     Poi non veggendo ond’egli avessi tratto,
     Ognun restava come stupefatto.

57 Disse Rinaldo: A quel sasso mi mena,
     Ulivier, dove tu il vedesti entrare;
     Veggiam se questa bestia da catena
     Si potessi alla trappola pigliare;
     Ch’io so ch’io gli darò le frutte a cena25,
     S’io lo dovessi col fuoco sbucare.
     Salì sopra Baiardo, e insieme andorno,
     E in un tratto quel sasso accerchiorno.

58 Colui ch’è dentro, assetta lo scoppietto,
     E stava al bucolin quivi alla posta;
     Trasse uno strale a Rinaldo nel petto,
     Che si pensò di passargli ogni costa,
     Ma la corazza a ogni cosa ha retto.
     Rinaldo allor dalla buca si scosta,
     E disse: Costì ancor non se’ sicuro,
     Se ’l sasso più che porfir fussi duro.