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qui libri del père, mo qui ne me brìnquel pa nè. L più pon fa con èrbes e per ques me sonsi metili a’n còie. Mo an messa avei l’erbario de Dioscòridei), ilio èl dùt la ite, chi virtù què les plantes e les raige a. Insci ài ’cbi iù fatt trèppes robes con èrbes. Cine soles n’èl qu1 malan ni pò nia prò; elles cresce dùtes su per qui coi e i dottorz les adora incbe; la pruma è TAngiè lica, l’atra la Valeriana, la terza la più santa la palma Christi, la quarta la Móasterwurz2, la quinta la Hirscbwurz; se’ an adora quèstes, ne pò prò no 1 malan no les stris.
cosicchè tutti mi credono ancora stregone. Anzi credo io stesso d’essere qualche cosa di simile, altrimenti il curato della Valle non mi perseguiterebbe così accanitamente. Egli vorrebbe avere ad ogni costo quei libri del padre, ma non gli otterrà mai. Le maggiori stregonerie si fanno permezzo delle erbe e per ciò mi sono messo a raccoglierne. Però bisogna aver l’erbario di Dioscoride, là c’è tutto indicato, quale virtù abbiano le piante e le radici. Così sono riuscito anch’io in molte cose per mezzo delle erbe. Non ne sono che cinque, su cui il diavolo non ha influenza; esse crescono tutte sulle colline e le adoperano anche i medici; la prima è l’Angelica, l’altra la Valeriana, la terza la più sacra la palma Christi, la quarta la radice Imperatoria e la quinta l’Atamanta; se si fa uso di queste, ne diavolo nè streghe ci possono mettere le mani addosso.
Segn ves òi pa conte quella, ollàque 1 malan m’essa pres porte ia. Él fóa n’an 1 giubileo, qu’ i’ fò ia per Perdù3 a còie
Ora voglio raccontarvi, come una volta mancava poco, che il diavolo non mi portasse via. Un’anno di giubilèo io mene stava