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chalzá para. „Ah, iéderla, chi půdĕ1 quĕ l corat fageô; ël mʼ orô crazzé sů i dë́itʼ colla brittola, e mʼ a boršè i chalza tĕ fornèll. Na tala nĕ nʼ èssi mai credů!”
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Fiat iustitia!
Doi frédeš Maròi sʼ ava battů́ dër da sën. Důtʼ l savóa e inche Signoria lʼ a inrescí. Ëi sĕ tëme trammi doi dĕ gni sërá ia. „Un o lʼ ater messons gi a plorè, scĕ no vala mal.” „Iů nĕ nʼ a dela orèlla iů, va pů ma tů.” „Begn,
Begn”, dige quël quʼ ava asquéš rott l chè a so fré, „spo vai mèfo.”
beli’ oglio ", pensa lui e ne unge le sue scarpe. „ Oh, misericordia, che lamenti che ne fece il curato; egli voleva raschiarmi le mie dita col coltello, e mi brucciò le scarpe nel forno. Cosa simile non avrei mai creduto! **
Fiat ìustìtìa!
Due fratelli Marebbani s’erano azzuffati fortemente. Tutti lo sapevano ed anche la Giustizia ne ebbe sentore. Tutti e due aveano paura d’essere imprigionati. „ L’uno o l’altro deve andar a dar r accusa, altrimenti le cose vanno male." „lo non ne ho tempo, vacci pur tu." „Bene, bene, allora ci vado dunque io % dice colui che aveva quasi spaccata la testa al fratello.
- Marebbano: Signor Pretore, sono qui per dar’un’accusa.
- Pretore: Davvero? chi ti ha fatto qualche cosa?
- M: Nessuno, sono io, che ho battuto mio fratello.
- P: Ma allora bisogna, che venga
il fratello a muoverti lite, non tu.
- M: Mio fratello non ne ha tempo.
- P: Sembrami, che tu abbia la testa gonfia.