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e prie perdonanza e impermettd de ne fa mai più nia dĕ té.
mi disse: „ Pietro, tienti a mente, perintanto hai pace, ma fra 48 ore devi presentarti al curato della Valle e farla pace con lui, altrimente le cose andranno male. " Spaventato come era lo feci presto, mi umiliai, gli chiesi perdono e gli promisi di non commettere più cose simili.
Corragio messen avei.
Hansel 1 Cazzula e Casper da Chaminades 2 e chamó valgùn’Ladins fóa geùs a sant Antònè de Padoa. San bèli, se’ èi ne n’è ’chi geùs a Venezia. Éi stéva ma colla bocha davérta a odéi tan de mervóies. Les contrades d’èga impè dĕ flaster dĕ sas, bestiam degùn, aterquè chòres da doman sùn plaza dĕ san Mere, qu’è la più bèlla del mon; les signùres gni con òlles dĕ ram e argent a les mùge. Ma der n pù intriga fossi pa sta a se dĕ da intenne, mo 1 Cazzula e bérba3 Capl4 savova pa begn co fa ei. N di fól sùn plaza dĕ san Mere té gran’signiirce, qu’i charava mèfo. Bèrba Capi dige: „Orès mette pene, qu’i’ m’infide a rajoné con quel gran signùr ilio? "
Bisogna aver coraggio.
Giovanni Cazzula e Gaspari di Chaminades con alcuni altri Ladini avevano fatto un pellegrinaggio a S. Antonio di Padua. Poiché eran lì, s’intende che andarono anche a Venezia. Con bocca aperta essi se ne stavano là incantati nel vedere tante maraviglie. Per le vie acque invece di selciato, bestiame nessuno, fuorché capre la mattina sulla piazza di S. Marco, la quale è la più bella del mondo; le signore venivano con delle pignatte di rame e d’argento per muugerle. Un poco intrigati sarebbero stati per farsi intendere, però il Cazzula e barba Gaspari sapevano bene come cavarsela. Un giorno sulla piazza di S. Marco dei gentiluomini
si misero ad osservarli.