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superstiziose solevano spargere un cucchiaio di farina al vento quando questo soffiava con tutta veemenza; questa abitudine rammenta senza dubbio un sacrifizio 1, che ne’ primi tempi si avrà fatto al dio Wuotan per calmar il suo furore. — D’importanza assai maggiore è l’Orco, comune a tutti i Romani, il quale, mentre ne’ tempi antichi apparteneva agli dei di ordine superiore, col tempo assunse la natura di spirito folletto e boschereccio 2. Egli ha la facoltà di mostrarsi sotto qualsiasi forma come il Rubezahl della Boemia 3: ora si presenta qual cavallo, s’avvicina in modo mansueto ed insinuante al viandante, da cui si lascia accarezzare, e lo invita a montare sulla sua groppa; ma guai a quell’infelice, che ingannato dalle sue maniere lusinghiere dà retta al di lui invito; appena l’Orco selo sente sul dorso, assume in un momento una grandezza immensa, si mette a galoppare sfrenatamente attraverso le regioni aeree lasciando sotto di se monti e valli ed il povero cavaliere è costretto di far sforzi sovraumani per tenersi fermo in sella, se non vuol cader da un’altezza vertiginosa e finir così la vita in uno stato miserabilissimo 4. Generalmente tale corsa sfrenata dura tutta la notte, finche la mattina il furibondo destriere terminata la cavalcata getta a terra il cavalcatore sul luogo medesimo, ove ebbe principio la corsa; è inutile aggiungere, che l’infelice trovasi per lo più tutto graffiato ed in uno stato assai deplorevole. Alle volte l’Orco si cambia in una piccola palla, che si mette a rotolare da se in mezzo alla strada, ove la gente deve passare; tostochè il viandante l’ha sorpassata, questa cresce immensamente e colla massima celerità gli tien dietro rotolando, finche questi cade a terra mezzo morto soprafatto dallo spavento e dalla stanchezza. Non di rado si mostra qual’intrepido cacciatore facendo sentir da lontano il suo grido particolare di giubilo; povero quello spen-
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