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REPUBBLICA ROMANA
IN NOME DI DIO E DEL POPOLO
PROCLAMA
L’amore della patria cotanto da tutti predicato, deve ora tradursi in alto. E’ vicino il momento di atteggiarsi a quella difesa che sà ispirare al popolo il tremendo suono della campana a stormo, quella difesa per cui Roma si è resa immortale, emulando i forti fatti della Roma di Bruto.
Un esercito repubblicano trascinato all’assassinio de’ fratelli da un perfido Governo, è stato respinto dal Campidoglio. L’invitto soldato d’Africa ha dovuto colla vergogna della sconfitta ritirarsi dall’eterna Città. La Repubblica ha rilasciato i prigionieri, ha steso amica la mano ai Repubblicani di Francia caduti in suo potere: essi l’avevano ricambiata col giuramento di fratellanza, ma il loro Condottiero, temendo che que’ generosi spingessero i loro compagni d’armi ad amicarsi con noi, li ha rimandali sul mare, e si è nuovamente portato alla vista di Roma.
L’ha trovata però quale doveva essere: parata a ributtarlo un’altra volta delle sue barricate.
Egli ha temuto, ed è retrocesso, accennando all’invasione della nostra Provincia, Il nostro popolo deve sorgere unanime, feroce, implacabile, giurando di vincere, o di morire. L’insurrezione dev’essere degna di Repubblicani; dev’essere tremenda.
Qual’è quella casa, dove non sia un fucile da Caccia? Ebbene si requisiscano, e se ne armino i volenterosi. Organizzati in compagnie vengano intorno al Capo luogo, che si accinge a difesa, e molestino con fuoco ben nutrito dalle alture le schiere nemiche. I generosi campagnoli induriti nelle onorate fatiche dell’Agricoltura, i cacciatori esercitati alle marcie, ed al tiro prendano il loro archibugio, e vengano..
Ogni Comune provveda al loro soldo giornaliero, e non si rimanga da qualunque sacrifizio per difendere la libertà della Patria.
Maledizione a chi resta neghittoso nel di del pericolo! maledizione ed infamia a chi reagisse. Ma tremino per Dio! tremino i scellerati. I primi a cadere saranno essi: cadranno tutti.
