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ro di trovarla fintamente ritratta nelle scritture? Avrebbero imparato a studiare seriamente ne’corpi, e ad attendere all’anima non più che per trastullarsi? O ripiegata la riflessione sopra sė stessi, si resero familiari i fenomeni del mondo interiore più ancora che non erano ad altri tempi, o credevansi, quei dell’esterno? Mi basta aver messe innanzi de’ miei lettori queste interrogazioni: chi ne ha voglia ne prenda qualcheduna, o auche tutte, e le risolva a suo modo; chè al modo mio a queste tutte, e a più altre, ci ho già fatto risposta da molto tempo.

VII.

GLI ALBUM.

Conosco moltissimi che, professando letteratura, impinguano di ricordi certi loro repertorii, a cui pensano dover indi ricorrere tutte le volte che la loro fantasia abbisogni di rimanere inaffiata. Questi repertorii, quando siano composti e adoperati con discrezione, tornano a vero dire utilissimi; ma sono di un grandissimo danno a que’ vôti cervelli che, riempiendo il repertorio, si avvisano di riempiere se medesimi. Il proverbio notissimo a tutti i fanciulli, che al cader della carta scappa via la dottrina, par fatto, meglio assai che per altri, per siffatta guisa di collettori. Non saprei ben dire quale, ma so di aver