toccata che sola una parte dell’argomento, ma facciano gli altri sulle altre parti quello che io feci su questa, se pure la guerra mossa ai Titani non sembra ingiusta. E il farò forse io medesimo se mi venga altra volta in acconcio. In tanto non si confonda l’artista coll’arte; non si trascinino a particolari conclusioni le massime generali; non si attribuisca al cuore ciò che è dell’ingegno; e soprattutto abbiasi sempre rispetto a chi consacra la propria vita a far prosperare quell’arti, che, sebbene neglette dalla più parte, o in mille modi avversate, cospirano pur sempre ad altissimo fine, il pubblico bene. Chi poi fosse di contrario parere a quanto ho fin qui esposto, si ricordi che uno scritto come il mio può appena accennare ciò che domanderebbe assai lungo e riposato discorso a voler essere convenientemente trattato. Ed io che ho parlato ai Titani con ingenua franchezza, e non mi sono punto sbigottito alla vista delle montagne da essi ammucchiate, ho l’animo e la persona di quel Zaccheo piccoletto, che si arrampica su per l’albero a vedere la verità quando ella passa.