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L’uomo è animale credulo e curioso ad un tempo; ama l’attività dell’intelletto, e poscia, illuso nelle sue ricerche, si stanca e gode riposarsi nella credenza. Suol dirsi comunemente, c non senza ragione, che la verità, come prima si manifesta alla mente, di sè la innamora, a quella guisa che scriveva Platone della bellezza eternale; ma appunto come gl’innamorati sbigottiscono e vanno in tremore alla vista della loro donna,
(Quante volte diss’io
Allor pien di spavento:
Costei per fermo nacque in paradiso!)
gl’inventori di cui parliamo rimangono confusi di maraviglia, e poco meno che tramortiti, all’affacciarsi di quel vero, di cui vanno in cerca con amore si lungo ed appassionato.
(So della mia nemica cercar l’orme,
E temer di trovarla.)
Qual maraviglia che uguali e più notabili effetti essa verità abbia a produrre in chi la riceve inattesa, e presentata dagli altri?
A questo sbigottimento, a questa perplessità vuolsi attribuire ciò che spesso si chiama, con giudizio troppo avventato, confusione e stravaganza di pensieri, e barbarie di stile. Molto a-