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IV.

VIRTU’ DELL’ISTANTE.

Non potrebbesi volgere in profitto del viver nostro la massima degli antichi Epicurei, che Orazio, per propria confessione animale di quella greggia, susurrava furbescamente all’orecchio dell’elegante Leuconoe?

Afferrare a due mani il presente e non darsi briga gran fatto dell’avvenire, era principio filosofico prediletto agli antichi: ma come avveniva che, imbevuti di questo principio, fabbricassero tanto solidamente, e trasfondessero, dirò quasi, in ogni loro opera il desiderio dell’eternità? Oltre l’altre ragioni che si potrebbero addurre, non parmi di trascurare la seguente. Appunto perchè non vedevano più là della terra, a questa attene vansi con quanto avevano d’ingegno e di forza. Fu molto acutamente osservato che le preziose imbalsamazioni de’ cadaveri, tanto comuni fra gli Egiziani, anziché provare la fidanza di quel popolo nella vita seconda, possono aversi per dimostrazione del contrario, e fatte appunto per ritardare il disperdimento delle reliquie corporee, dopo le quali presumevano non altro avesse a rimanere delle persone amate distinto dalla gran massa terrestre in cui terminavano rimescolate tutte le cose.