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ne ricorda, o ne parla languidamente. E quanti stancano gli occhi leggendo, e tengono in continua briga le dita nelle scritture, sono essi chiamati altro che oziosi? Passeggiano, o se ne stanno seduti ruminando non so che pensieri; e questo si dice da molti non altro essere che un far nulla. Il tedesco Kleist lasciò scritto che ne’ suoi passeggi predava idee, come altri pernici: quanti non rideranno di questo nuovo genere di caccia intellettuale? Può derivare questo giudizio di parecchi fra gli uomini, che non so chiamar giusti, tanto dal non credere che gli studii possano avere alcuna meta, quanto dal presumere che a quella meta gli studii non giovino punto. E forse a questi giudizii può con ragione darsi accusa d’oziosità. Ma tutti, in onta a quanto s’é fin qui detto, continueranno la loro via; altri stimandosi savii oziosamente giudicando, altri sembrando oziosi mentre si affaticano ad arricchire se ed altri d’utili cognizioni. Chi possiede per altro l’interna attività dei pensieri possiede un tesoro, non teme dell’ozio, i suoi desiderii, le sue speranze il tengono sempre desto, sempre operoso. Quando altri il crede smemorato e ozioso ha colloquii ineffabili, popola di fantasmi la solitudine della notte, rivive nel passato, preoccupa l’avvenire, ha sempre una meta davanti gli occhi, infaticabile nel vagheggiarla, ma non mai tranquillo finchè non l’abbia raggiunta.