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quella spezie d’ozio comunissima tra gli uomini e poco conosciuta. Non dee bastarci di vedere taluno che si affaccendi in qualche cosa per dire di lui che non sia dominato dall’ozio, ma vuolsi esaminare se la fatica ch’egli impiega sia proporzionata al fine cui si propone di arrivare. Chi per giungere alla casa propria, chiamatovi da una improvvisa notizia d’incendio o d’altro sinistro in essa accaduto, o, se volete qualche cosa d’allegro, da un amico di presente arrivato, anzichè tenere la via diritta, o come suol dirsi la scorciatoia, si mettesse a girare al largo, non direste che operasse da ozioso? E quand’anche si conducesse alla soglia di quella sua casa sudato e sbuffante, non gli dareste la taccia medesima senza scrupolo alcuno? Se questo non fosse, come potrebbe avervi una spezie d’ozio cui convenisse l’epiteto di faticoso, affibiatogli da chi certamente non gettava gli epiteti a caso, il Parini?

Ancora è da por mente a coloro che si propongono un fine al quale non possono aver mezzi corrispondenti, e questi ancora vanno annoverati tra gli oziosi. E con più ragione degli altri testé ricordati. Quelli di cui abbiamo parlato i quali, potendo toccare il termine del loro desiderio subitamente, si piacciono d’indugiare, creandosi, a così dire, difficoltà pel diletto che trovano nel superarle, mostrano se non altro una specie di ardimento e una disposizione d’animo non punto