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raccoglie al suo seno, e protegge sotto l’ampio manto reale che le casca dali’ omero, per tribolati che siano, sanno fin dove possa giungere la tribolazione, e quale conforto sia loro apparecchiato.
Non è vero diletto quello che non sa vivere fuorchè del presente, e si consuma da se stesso in un’ora. Ci accorgiamo pur tutti da quanto ci accade di esperimentare ciascun giorno in noi stessi, che una simpatica forza ne tiene irresistibilmente congiunti al passato ed all’avvenire e che tutto il meglio della vita è trascorso e trascorrerà di continuo tra il ricordarsi ed il desiderare. A che ci servirebbero la memoria e l’iminaginazione in noi si potenti? Che cosa sarebbe il presente, fosse pure quanto mente più ardita sa figurarlo secondo od avventurato, tolte le lusinghe di che lo avvolgono le rimembranze e i desiderii? Il presente ci riesce si caro, appunto perchè in preda alla lotta delle realtà del passato colle illusioni dell’avvenire. Ed al Tempo solo è conceduto avverare quelle illusioni, ed all’esperienza sola prevenire il lento, tutto che certo, cammino del Tempo.
Al Tempo, come depositario delle nostre speranze, come generatore dell’esperienza, stieno in mano gli emblemi della riproduzione, non meno che quelli del disfacimento. Ma con qual pro, dice forse taluno, questo culto novello; con qual pro tutto questo discorso per inculcarlo? Non picco-