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rità, e non mancherebbe d’importanza, in quanto che anche le relazioni particolari ad un solo uomo, o ad una sola passione, meritano di essere considerate. Le conseguenze che si traessero sarebbero giuste, in quanto che non altro verremmo a significare con ogni nostra sentenza fuorche: un tale, posto nella tale condizione d’animo, ha delle cose questo dato concetto. Ma in noi l’ambizione è potente a segno da volere mutare il nostro particolare sentimento in regola universale, senza badare che in ciò mostriamo una specie di debolezza, dichiarandoci avidi d’ottenere i suffragii degli altri. Questi due opposti principii si trovano infusi in ogni nostro ragionamento e ne cagionano la insussistenza. Giugnessimo, non foss’altro, ad ottenere di mostrarci concordi con noi medesimi, considerando sempre le cose soltanto in se stesse, ovvero nelle varie relazioni che hanno con noi! Ma chi può sperare di veder l’uomo concorde con sè stesso? Non sarebbe questo uno degli elementi principali di quella felicità che non gli sarà mai conceduta vivendo?
IX.
ILLUSIONE E REALTA.
C’è pure, da volere a non volere, nella vita e nei pensieri di tutti gli uomini un po’ d’illu-