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ma, ci fa avvertiti del nostro inganno; e dove ci sembrava a principio aver trovato la grazia, ne si affaccia la sinorfia bruttissima in quella vece. A rimanere piacevolmente impressionati da quel cotal rientramento di labbro, conviene che sia quel labbro e non altro; a sentirsi percossi nell’anima da quelle cotali repentine alzate di voce, la vuol essere quella voce e non altra; se non è quella mano che racconci i capelli in quel cotal modo, se non sono quelle ciglia che in quella cotal foggia si corrughino quasi a meditazione, questi atti saranno smorfie e non altro, e in luogo del cara, che apertamente o sotto voce siamo tentati di pronunziare, ci verrà sulla bocca chi sa mai qual altra parola.
Quando il nostro discorso volesse riferirsi agli scrittori e agli artisti, la verità dei principii finora esposti si farebbe assai più sensibile. Ciò che finora avrà per avventura potuto sembrare assai frivolo, acquisterebbe importanza e dignità anche agli occhi de’ meno indulgenti. Ma noi, paghi di aver tracciata la via secondo la quale possono farsi molte utili applicazioni, lasciamo ad altri la cura di farle. Consiglieremo bensi in generale quanti vivono, uomini e donne, a non isforzarsi di comparire graziosi, ma paghi di quanto fu loro conceduto da natura, studiare invece di ornarsi di una conveniente eleganza. E quauto agli smorfiosi, siccome anche in letteratura ce ne hanno, li preghiamo a non volere