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ce ritorno improvvisamente, a cagione della novella che si era sparsa di un grave sinistro accadutomi. Mi scrive di rado, e talvolta, dopo un mese di lontananza, non più che due righe alla ciceroniana: se stai bene ne godo: io pure sto bene; ma per darmi un consiglio di cui credeva che abbisognassi scombiccherò da quattro fogli di carta, zeppi tutti per lungo e per largo, sebbene molestato negli occhi da malattia. Scontrandosi meco per istrada e domandandogli io, che c’è di nuovo? mi risponde collo stringersi nelle spalle ma guai se nessuno ardisce pronunziare il mio nome in coda, o con accompagnamento di scortesi parole. In somma il cuore di Evandro è mio; e lascio, a chi sa desiderarle, le mani, i piedi, e, con sopportazione de’ miei lettori, la lingua degli amici del tenore di Alessandro, e degli altri da me nominati qua sopra, e a’quali ognuno potrà aggiugnere la lista dei proprii, che non sarà, credo, assai breve.
XIII.
GLI AMICI.
Le due condizioni che la ragione e l’esperienza insegnano essere richieste in chi vuole strignersi d’amicizia, cioè l’onestà e la uguaglianza, escludono la moltiplicità degli amici. Molto acutamente un celebre autore del secolo scorso