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mente una tale disposizione d’animo de’ loro pretesi amici, e fanno di quelle picciole, e spesso inutili cure, il principale esercizio della scioperata lor vita.

Direste affettuoso Maurizio, che da mane a sera bussa alla porta quando d’uno, quando d’altro de’ suoi conoscenti? Ma, e non sapete, che senza tramutarsi di casa in casa non avrebbe di che impregnarsi di tante minute storielle, cui va bellamente rivendendo di qua e di là, ad accattarsi il favore degli oziosi e dei maligni? Lisandro fa invece la stessa strada non per altro che per obbedire alla moda. Sembragli essere un gran che a questo mondo, come può dire: ieri mi convenne far visita ad A... che se ne va in villa; domani mi tocca presentare i miei augurii a B... pel giorno suo natalizio; non ho ancora veduto C... che tornò dal suo viaggio; la malattia di D... oggi ha peggiorato quantunque abbia passata una notte tranquilla; le lettere tutte dell’alfabeto non bastano a significare le varie persone che per cagione delle partenze, dei ritorni, delle malattie, delle convalescenze, delle morti, dell’eredità, delle nozze, dei divorzii, delle promozioni, degli onomastici, e via, e via discorrendo, Lisandro deve tutte visitare in un giorno. Ma così va per chi è nato bene, per chi ha relazioni, per chi insomma è al mondo a vivere e non a vegetare. Alessandro all’incontro si rifugia nelle visite per e