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confini della speculazione intellettuale? Ora non è egli questo ciò che fanno presso a poco gli astratti, i quali non bene si accorgono di camminare, se un qualche ciottolo fuor di misura non viene loro tra’ piedi; non bene si avveggono della pioggia che cade, se prima non ne hanno inzuppato il tabarro assai malamente?

Egli è però da vedere primieramente quali siano veri astratti, e quali, come di molte altre umane infermità, si giovino anche di questa ai proprii disegni. Perché dovrebbe esser conosciuto a ciascuno, il quale abbia fatto una qualche esperienza del mondo, che c’è anche un’osientazione del vizio, alcuna volta per guadagnarsi la riputazione, che da molti si concede al solo vizio, o per sottrarsi alla guerra della maliguità, che non cessa di punzecchiare la virtù a tutte l’ore, e alcun’altra volta perchè un vizio di minor rilievo sia sopravvesta che occulti magagne di maggior conto. In quanti casi all’astratto non si perdonarono certe bugie da meritare l’infamia a chi le avesse proferite colla mente raccolta nel soggetto? E certe sciocchezze che non avrebbero più lasciato a chi le pronunziava levar il capo nella compagnia delle persone, che, buono o cattivo, si piccano pure di possedere un cervello e di farne uso discorrendo, non si ebbero per arguzie, soltanto perchè profferite come in aria di assorto e coll’animo rivolto in tal parte, ove non sono soliti arrivare i pensieri