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cieca credenza l’interesse del suo sapere. Ma qui non sta tutto. Quando trattasi di lettere si mette anche l’usura sopra le monete false; c una somma di sciocchezze, spacciate con bel garbo e a proposito, ti acquista in certi casi quel genere di pubblica stima che basta a far si che ad ogni tua parola qualunque ti ascolti abbassi il capo per riverenza. Quel gran mezzano di torti giudizii ch’è l’Ipse dixit entra sovente ai servigi anche degli ignoranti, e come i nobili e i ricchi avveniticci sono per lo più quelli che rendonsi intollerabili coll’esorbitanza delle pretensioni, così quelli che senza ragione si trovano creduti sapienti sanno meno d’ogni altro sopportare di essere contraddetti, ed hanno una superbia più illimitata.

Si dovrà conchiudere che, come è conceduto ai denari di fruttare un giusto interesse, un eguale interesse di stima e di anticipata approva zione non debba meritarsi dalla dottrina? Sarebbe stoltezza il dir questo. Ciò che vuolsi cercare si è che l’interesse non sia sproporzionato al capitale; ossia il lecito guadagno non trabocchi in usura nefanda. Accordisi pure ad ognuno che arricchi la propria mente d’utili cognizioni un certo grado di autorità, con cui possa suggellare quanto egli dice, ma ciò in proporzione del numero e dell’importanza delle cognizioni anzidette.

In tutto quello che va fuori di una tale mi-