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pelago d’amarezze. In due guise per altro affatto opposte tuttochè concorrenti nel medesimo fine, può l’uomo movere in traccia di ciò ch’è valevole a dilettarlo; delle quali una diremo diretta, indiretta l’altra, o, se meglio piace, in una egli è attivo, nell’altra passivo.

In generale non credo che si diano piaceri indivisi, ove non vogliasi uscire della sfera delle relazioni socievoli, e sollevare la mente alla contemplazione d’oggetti superiori per dignità a quanto può offrire la sensibile prospettiva del mondo. Non credo ripeto, clre, tolto questo caso, possano darsi piaceri indivisi, altrimenti sarebbe forza conchiudere non essere contro giustizia quanto scrissero alcuni filosofi di misantropo umore, rilegando l’uomo tra le selve a cercarvi quella felicità, cui dar non possono, a parer loro, i civili congregamenti.

E tuttavia vi hanno quelli i quali per certo modo si rallegrano o si addolorano di ciò che cagionano a sè medesimi, e altri ai quali è bisogno per rallegrarsi o addolorarsi influire sui loro simili. E di questi ultimi la schiera è divisa, infra di quelli che godono dell’altrui piacere, e di quelli che per lo contrario s’impinguano dell’altrui dolore. Genti di si misera ed abbietta natura appena è credibile che si trovino: nè già vorrei ricordare a me stesso che pur ci avessero, imitando in questo il provvido accorgimento di quegli antichi, i quali, an-