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le, sebbene per più nobile motivo, ci accade provare

          Quando leggiam che l’inclite ventraie
          Degli Atridi o del figlio di Pelco
          Ingoiavan di buoi terghi arrostiti?

Onde ciò? Perchè que’ nostri buoni vecchi avevano meno della vernice onde siamo tutti noi impiastricciati da capo a piedi, e camminavano sulle proprie gambe, anzichè sulle scalette che danno legge ad ogni nostro movimento.

Quanto s’è da noi detto finora non è più che storia. Non siamo per altro tanto innocenti da credere che sia possibile rifare il mondo colle nostre parole, e dacchè i tempi portarono altre inclinazioni ed altre costumanze, egli è da lasciar correre, come suol dirsi, l’acqua alla china. Vogliamo bensi impetrare un po’ d’indulgenza per quegli aggetti che tuttavia ci hanno in alcuni uomini, destinati, quasi diremmo, ad anelli fra le generazioni passate e la presente. Nella ruvida loro semplicità hanno sempre alcun che di ri spettabile e di spiccato dalla misera pecoraggine nostra. Nel far giudizio di questi loro aggetti andiamo dunque un poco a rilento, e vediamo se quelli che in essi troppo facilmente chiamiamo difetti, siano poi tali, e dato che siano, non abbiano la compagnia di una qualche virtù, che forse non verrebbe senz’essi. Saranno, se vi piace, un poco aspre le loro frasi; ma se con quella