Pagina:Prose e poesie (Carrer) III.djvu/250

238

tificio. Ho veduto nel carnovale essere guardate, conversate e accompagnate non pochi passi certe faccie di donna che, senza la maschera, non avrebbero saputo trovare nè mauco chi loro dicesse le ben venute. Sicchè con questo poco di maschera della parola alquanto bizzarra ho presunto poter far si che qualcuno si fermi, non foss’altro, a vedere di che si tratta.

Premesso questo, io non intendo punto parlare di aggetti o sporti che veggansi nelle fabbriche, e in generale in oggetti materiali, bensì di alcune disposizioni d’animo molto sporgenti che sono negli uomini, e che possono fornire materia a non disutile osservazione. Ci hanno certi naturali tutti lisci ed uguali che non possono essere afferrati in veruna parte, e la mano che a ciò si provasse vi sdrucciola sopra come fossero di cristallo o di porcellana senza fregi o scanalature di sorte alcuna. Altri all’incontro ve ne hanno provveduti d’innumerevoli punte e risalti nei quali s’intromettono le dita molto comodamente, come farebbesi con manichi od orecchie di vasi.

Ora è da vedere in primo luogo se v’abbiano uomini e possano avervi senz’aggetto alcuno, ch’è quanto dire, se possono darsi naturali di persone cui manchi ogni guisa d’individualità tanto nell’animo che nell’intelletto. Interrogato ch’io ne fossi, mi parrebbe dover rispondere che no assolutamente, e senza dimora, per-