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per quelle ampie sale, per quelle balaustrate, per que’cortili tanto pomposi. Fatti piccino, se sai, o Fulgenzio, per capire nel tuo ritiro, la tua modestia, come finta, non si attaglia a cosi angusta periferia. Stringi di qua e di là rigonfi; rientri da un lato e dal lato opposto riesci. Chi ti passa davanti si accorge subito del travaglio in cui vivi. Gran che sono gli stampi, chi voglia badarvi senza far caso delle forzate alterazioni che si veggono pure ad ogni ora!
V’ebbe un pazzo, la cui infermità singolare può farsi lezione di molti savi. Tutti gli uomini erangli veduti sotto sembiante di bestie, e, vedi caso, imbroccava presso che sempre nelle inclinazioni proprie della persona che gli si presentava! Licinia? Appena aveala veduta ob la bella gatta sclamava. Tutti sanno essere costume de’ gatti, com’ei hanno fatto alcuna sconcezza, menar in fretta le zampe a coprirla. E i conoscenti di Licinia l’avevano per una ipocrita delle matricolate. Vittorio? Oh il camaleonte! Vittorio era la delizia di tutte le conversazioni, perche sapeva esser rosso o giallo, verde o celeste, secondo i casi. Taluno che credevasi cigno, oh! la meraviglia che prese di sè, vedendosi salutare dal pazzo per: la bell’oca! Un tale, che dimenava il collo da dritta a sinistra con sentimento d’ineffabile compiacenza, e scompigliavasi in capo le chiome, come fossero i crini di ginnetto bene strebbiato, recatosi a visitare il pazzo,