per conseguenza mi presi il mio bel complimento con un sorriso e un inchino di gratitudine. Ma avrei potuto soggiungere: e non è un derivare inchiostro dal calamaio tanto lo scriver storie, che il dettar articoli di giornale? Così mi accadesse che nelle mie ciancie di giornale sapessi infondere quell’utilità, che, secondo proporzioni diverse, potrebbero dare le storie dettate con sapore e coscienza! E poi, quel medesimo che mi vorrebbe autore di poemi, di storie, di grossi volumi, me ne crede veramente capace? E mi creda; è egli tale da sapere indovinare giustamente chi sia atto a tale, e chi a tal altro lavoro? Se mi avverrà di scriver storie, o poemi, o grossi volumi, forse che mi si dica, parte con giustizia, parte per semplice disamore del prossimo; no, quel tuo ingegno non è da si grandi cose; non ti fu profitto l’uscire dalle novelle, dalle relazioni dei libri nuovi, e da qualche sciarada. Fo questo discorso in persona propria per non dar d’urto nelle particolari ambizioni di chicchessia. E protesto che non mi affanno punto di spendere molto del mio giorno a compilare un giornale, quantunque non mi sembri che questo fosse il campo appropriato alla mia vocazione, se pure la mia vocazione era di far ballare la penna quando gli occhi hanno cessato di leggere, per poi tornare a metter gli occhi in faccenda quando il lavoro della penna è ccssato.