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Siccome mi accorgo che una tale opinione ha moltissimi partigiani che leverebbero un tafferuglio da spaventare, al leggerla così spiattellatamente contraddetta, credo opportuno dichiarare in qual senso sia giusto il dire che tutti siamo spostati a questo mondo, e in qual altro questa medesima sentenza sia ingiusta. Considerando i desiderii degli uomini, vasti, ardenti e sempre irrequieti, egli è certo che non sono, nè saranno, ne possono essere mai soddisfatti, e fino a qui tutto il mondo è vaso di troppo angusta capacità a contenere le voglie di un uomo solo. Ma quanto al seguire ciascun uomo la propria vocazione, vale a dire al dare ogni pianta quel frutto al quale era preventivamente ordinata fin d’allora che tutto l’albero comprendevasi in un po’ di nocciuolo, questo è indubitato che avvicne sempre ed in tutti, anche in onta di tutte le dure e apparentemente invincibili opposizioni della fortuna. Sicchè la differenza sta in questo, di germogliare piuttosto in un giardino di poca dimensione, che in campagna vastissima di cui l’occhio non arriva al confine. Oh! foss’io nato figlio di re, o per lo meno di gran signore, dice taluno; saresti, io rispondo, quel medesimo insolente e rissoso insultatore del prossimo che se’ adesso, quantunque si piccolo ometto, abile appena a dar briga a’ fanciulli che ti vengono tra i piedi lungo la strada. E tu devi contentarti di mostrare la tua nobile inclinazio-