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giacchè tra due che vogliano comandare, tra due che vogliono esser primi, ci corre sempre quel divario notabilissimo d’intenzione che abbiamo avvertito.

Volendo trarre un qualche utile dalle fatte osservazioni, sarebbe da consigliare ognuno a ritorcere il pensiero sopra sè stesso per conoscere a quale delle due categorie egli appartenga. Qual confusione, qual ribrezzo di sé medesimi non dovrebbe cogliere coloro che si accorgessero di dover rimanere connumerati fra quelli la cui vita è distinta dall’obbrobrioso uffizio di far soffrire? Non parlo di quelli che adempiono da molt’anni e con grande opportunità di mezzi un si brutto offizio; costoro sono poco meno che incorreggibili; parlo di quelli, poichè anche in ciò si danno parecchie gradazioni, che hanno messi pochi passi nel cammino della vita, o che hanno un potere assai limitato. Dico a costoro che si ricordino contenersi in questa brutale inclinazione l’elemento d’ogni più enorme delitto. Si astengano dalla loro perniciosa attività; non presumano di essere essi soli gli stromenti necessarii al movimento dell’uuiversa macchina sociale. Non credano che tutto ciò che uon è essi sia fatto assolutamente per loro, o se vogliono pur credere questo, credano ancora di essere fatti essi pure per gli altri, a quella guisa stessa che gli altri fatti sono per loro. A quelli che fanno del bene altrui il bene proprio è da raccomandare, per