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si farà conveniente: l’animo di Leonzio è si basso, che per levarlo alto che facciate colle vostre amichevoli esagerazioni, non potrà avvenire che salga oltre misura. Ma parlo ai sordi. La più parte dei conforti là corrono ove riboccano le consolazioni.

Ma l’ho finalmente trovato chi non pecca nel soperchio fin qui ricordato. Chi è questa faccia d’uomo? E Quintilio. Vedete com’ei corre di porta in porta, e ansiosamente dispensa a tutti quel vario aiuto di che abbisognano. Le sue parole e l’opere sue possono, per certo modo, rassomigliarsi alla manna, in cui erano compresi tutti i sapori, ossia il suo sapore prendeva diversa qualità a seconda del diverso palato su cui si posava. Fosse pur vero! Ma Quintilio, in onta dell’apparenza che farebbe giudicare di lui il contrario, è quello tra gli uomini che dà più nel soperchio degli altri in quanto fa e in quanto dice. Ecco qui. Gli altri almeno si contentano di lasciare le cose e le persone al loro sito, e la colpa loro sta in ciò solo di non sapere proporzionare i rimedii alla malattia. Quintilio all’incontro crea il male per sola pazza voglia di spacciare il rimedio. Oh incredibile furore di beneficenza! Povero il mio Fulgenzio! dic’egli: tu non hai pane da pórti alla bocca. To’ infelice, e ti sfama. Così dicendo allarga la borsa. Fulgenzio protesta che, sebbene non siagli mai accaduto di afferrare pel ciuffo madonna Fortuna, non è, grazie al