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il centro, e di qua scappano quei lampi di pellegrino splendore che abbagliano la mediocrità, ma contendono lungamente colla notte dei tempi e della ignoranza. L’esagerazione si viene a mano a mano cangiando in realtà, e la confusione si riversa tutta sulla fronte di quelli, che, inetti a sentire potentemente, si erano levati in sentenziatori degli altrui sentimenti. Quasichè non vi potesse essere, e non siavi pur troppo! un’esagerazione grandissima in chi si leva a giudice dell’esagerazione degli altri.

XII.

IL SOPERCHIO.

Chi vedesse uno scimunito uscire di bel mezzo giorno con in mano una torcia per illuminare la strada, saprebbe contenere le risa, presso a poco come chi fosse chiamato a contemplare il mostro oraziano dalla testa di ragazza e la coda di pesce? Pure di simili stravaganze se ne veggono presso che a tutte l’ore, e in presso che tutti i luoghi, e sono quel soperchio di cui intendo parlare.

Tiburzio, guadagnata la lite che il tenne in agonia un paio d’anni, si vede circondato da una folla di amici che si proferiscono pronti a’ suoi servigi. Vi occorre denaro? Si ba a tener pratica col tale? E da far che il tal altro metta cervello?