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provo in me stesso di consentaneo agli altrui sentimenti, di quello rimaner possa dalla manifestazione dei miei sentimenti spontanei ed originarii? E poi; non è appunto della esagerazione che io voglio parlarvi? Fu dunque con qualche ragione che ve ne diedi un qualche saggio.
Ma che cosa intendete per esagerazione, uomini garbati del mio e d’ogni tempo? Un fare, un dire, levato dall’ordinario? No, perchè allora dovreste confessare che pensate non avervi, nė potervi avere uomini straordinarii. Dunque un fare e un dire che contraddica a quanto internamente si prova, o per lo meno lo amplifichi e lo trasmodi. Ma in questo caso mi venga fatto lecito il domandare: e quale sarà l’indovino che sappia leggere esattamente nel cuore degli altri, per trarne argomento a giudicare se quanto è ivi dentro corrisponda o no a quello che viene mavifestato dagli atti esteriori? La natura umana non cangia nè invecchia, mi rispondono in coro i sapienti: sia pure, ma e direste voi naturale a questa età ciò che era naturalissimo ad età da questa nostra rimote? Vuol esser dunque una composizione delle regole generali secondo le quali cammina la natura in ogui tempo, con quelle particolari a certi tempi, la misura conveniente a proferire un esatto giudizio. Ma essendovi pur sempre una parte mutabile e individuale, potrà questa essere definita da un uomo solo, secondo la dottrina e le passioni che gli sono proprie?