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celarsi nel fondo coperto dall’acqua stessa che richiude subitamente il varco pel quale è passato. Ora questo è appunto il fatto di Livio. Non conosci tu Livio, quel giovine di circa trent’auni, smanioso di entrare in ogni conversazione, di afferrare per un lembo della vesta ogni uomo di qualche fama; che ad ogni lieve rumore sbarra tanto d’occhi a vedere che è, e dato che ci stia il suo conto, intromettersi nel parapiglia; frequentatore dei caffè quanto occorre a suggere il meglio delle maldicenze e delle favole spacciate dagli oziosi, tanto fido ai teatri quanto vuole il bel mondo e l’andazzo della pubblica opinione; intelligente d’arti, di musica e di pittura singolarmente, quanto occorre per dare sfrontatamente una mentita a chi ne parla giusta principii ed esperienze; quel nobiletto, ghiottoncello un po’ più del dovere, e servo alla moda fin dove il consente una limitata fortuna? Quello, riprese l’amico, che ad ogni dieci parole te ne regala due di altra lingua, e, nato fra noi, sconcia le desinenze del proprio dialetto con accento forastiero? Per l’appunto. A costui gli oggetti fanno quel colpo sull’animo che il sasso nell’acqua. Nulla teme egli di più del raccoglimento; tutte le potenze della sna anima sono in continua faccenda per distrarsi, per divergere in cento direzioni opposte e lontane. L’amicizia? Altro non è per esso che una successione di anelli, uno entrante nell’altro. Ama Servilio, perchè Servilio