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spiegazione della seguente: pochi esser i benefattori in quanto molti sono gl’ingrati, molti essere gl’ingrati in quanto pochi sono quelli che sappiano deguamente beneficare.
Seneca, il morale, ha scritto in proposito dei benefizii niente meno che un grosso volume, che il Varchi ci diede tradotto con quella sua continua nobiltà ed eleganza di stile. Altri forse il chiamerebbe stile tardo e annacquato. Ma da me ora si domanda discorso più rapido, e disinvolto da tutte le scolastiche sottigliezze; ristringeremo adunque tutte le avvertenze da aversi dal benefattore in una sola, che a prima giunta potrà sembrare paradossica, ma considerata con qualche tranquillità si vedrà essere in perfetto accordo colla ragione. Diciamo adunque che ucl far benefizio si ha da mirare al proprio bene, e sperarne soltanto quella mercede che possiamo procurarci da per noi stessi. A prima giunta potrebbe sembrare che ciò, più che altro. odorasse di egoismo; ma quand’anche fosse ciò vero, sarebbe un egoismo lodevole e da essere seguitato. Pensando nel far bencfizio al gusto che ne dobbiamo avere noi stessi, saremmo più che mai solleciti a praticarlo; poichè qual è l’uomo che, avendo in suo potere di procurarsi un piacere quest’oggi, ne differisca il conseguimento al dimani? Con ciò sarebbe tolto un grande sconcio dei benefizii, quello cioè dell’ arrivare col passo del soccorso di Pisa, o per lo meno di nou essere mai solleciti siffattamente