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l’esser nostro, e non ha bisogno di tempo e di concorso di circostanze a manifestarsi. Ragazzi misantropi non ne ho mai veduti, ne ho veduti bensì di egoisti.

Non dirò che quella che siamo soliti di vedere negli uomini studiosi e di molto ingegno sia sempre vera misantropia, quantunque volte ne imiti l’aspetto; ma s’egli è pur vero che molti fra gli uomini d’ingegno e gli studiosi pendano al misantropo, la cagione non sarebbe gran fatto malagevole a ritrovarsi. Lo studio previene assai spesso l’opera dell’esperienza, e conversando co’trapassati facciamo più corto il viaggio necessario a conoscere la specie umana col semplice consorzio de’ presenti. Ma la malinconia, indivisibile compagna del misantropo, in questo caso è più dolce, dacchè non ha sotto gli occhi, né teme di scontrarsi con quelli che le insegnarono a disamare la propria specie. Quando fra l’oggetto del nostro disgusto e noi si sta di mezzo la sepoltura, la nostra passione assume sempre un carattere più nobile e verecondo. Troppe sono le lezioni che ci vengono dalla morte! E al passare che fanno le nostre inimicizie traverso la tomba, trovano tanto gelo da rimanerne scemate del soverchio calore.

L’egoista non fugge il consorzio degli uomini, vive anzi frammezzo a loro, e fa di essi il suo trastullo. Laddove il misantropo fugge per non rimanere offeso, quest’altro si getta in mezzo la