giano dell’intolleranza, e accanito contro alla libertà delle opinioni. La giustizia umana, sempre limitata e fallibile nelle sue conclusioni, deve rimanersi contenta di combattere le opinioni allora soltanto che giungono all’atto; finchè non sono più che pensiero altro è il giudice cui si compete farne sentenza. Chi ha organalo secondo regole d’inaccessibile antiveggenza la macchina umana, quando avesse voluto altrimenti, avrebbe lasciata possibile quella finestretta, tante volte e in tante guise descritta, per cui fosse dato di leggere nel cuore de’ nostri fratelli ciò che vi ha di più occulto. Ma dove il braccio della giustizia non giugne deve pur farsi udire la voce della coscienza, chi voglia meritare veramente il sacro titolo di galantuomo. Misero chi a credersi tale gli basta non aver mai provato la stretta delle manette! Pensare che possano avervi opinioni sopra certi principii egli è lo stesso che togliere a quei principii il loro pregio di assoluta ed immutabile verità; egli è lo stesso che addormentare la propria anima in una codarda indifferenza per ciò che vi ha di più nobile e di più santo; egli è lo stesso che riputarsi dissacrati dall’obbligo di professare que’ principii con generoso coraggio, e di spendere, ove occorra, per essi le forze del proprio ingegno e la propria vita. Lasciamo gli esempi più solenni che potrebbero addursi, i quali varrebbero forse ad imprimere a questo scritto un carattere troppo severo e poco meno che da