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gette all’arbitrio della fortuna, e potremo di leggieri comparire rassegnati; facciamoci un mondo di poche realtà, badando al restante non più che come ad ombre, e avremo lode di moderati; lasciamo scoperta la parte di noi che più sente a quei soli che probabilmente non sapranno compiacersi del nostro dolore, e saremo detti pazienti. Non mancano beni, chi voglia cercarli, sui quali non hanno dominio la fortuna ed il tempo; non è spoglia la terra di anime belle che sanno rimeritare l’altrui confidenza. V’è un ordine d’idee, un consorzio di pochi, nei quali ristringendosi, può l’uomo guareutirsi da molte sventure, e conservare, ciò che più monta, intatta la nobiltà e gentilezza della sua anima. Se queste idee gli saranno abituali compagne sotto ogni cielo, e di questo consorzio potrà giovarsi ad ogni ora, lo stesso dolore avrà i suoi allettamenti; e mentre sarà fatto impassibile alle impressioni di una ruvida mano che vorrebbe percuoterlo, sentirà fino all’intimo cuore il tocco ineffabile di una rassomiglianza, di una memoria.
L’amico mio a questo passo mutavasi nella fisonomia, e la gente che passava, e non era probabilmente tale da indovinare il tema dei nostri discorsi, il giudicava con poca giustizia. Sicchè, non osando distorlo dal piacevole divagamento de’ suoi pensieri nel quale si andava perdendo, dolcemente mi studiai di ritrarlo per