Pagina:Prose e poesie (Carrer) III.djvu/145


133

citata la vita. Donde l’uggia che lo molesta? Severo non è solamente avaro, ma ha il ticchio dell’ambizione. Al comparire ch’egli fa tra le persone non ha quelle dimostrazioni di stima tanto profonde ch’egli vorrebbe, si vede sempre alcun che di esagerato che accusa la paura; un certo livore si mescola sempre inavvertitamente a tutti i saluti ch’egli riceve. È come la ruggine sulle monete che tiene sepolte fuori dell’occhio del sole, in luogo noto a sè solo. Ma, Severo, se vorrai far getto di un poco di quel tuo tanto oro non mancherà chi ti onori cordialmente; o almeno non ti mancherà quella specie di pubblico ossequio che accompagna le azioni maravigliose, come la liberalità in uomo avaro. Oh questo no! Dunque, Severo, contentati d’essere avaro, se vuoi essere meno infelice.

Nicodemo si lasciò prendere giovinetto alle lusinghe della gloria. Farsi un nome immortale, disse egli fra sè, e non badare al resto. I genitori si strinsero nelle spalle vedendolo intisichire sui libri, o nell’esercizio della matita, secondo ch’ei volle riuscire letterato o disegnatore; ma egli avanti, sempre più avanti nello studio, e sempre più fermo nel suo proponimento. Uscito della casa paterna, ove ad ogni giovine è conceduto di essere ciò che più gli piace (e sono quelli gli anni che chiamansi di schiavitù!) si trovò alle prese con un mondo parte ignorante, parte avverso alle ispirazioni del bello. Che stai,