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apparenze, la loro passata operosità. Ora dobbiamo credere in fatto moltissimi quelli che siano veramente noiati? Se ho a dire il vero non parmi ch’esser debbano molti. È però da distinguere tempo da tempo che s’io mi fermo a considerar quello in cui vivo mi sembra potersene trovare in maggior numero che nel passato. Non vi vedete un’impronta di noia molto profonda anche in quello che potrebbe sembrare a prima giunta progresso, e ne porta il nome? I secoli addossati l’uno all’altro si premono: guai all’ultimo, cui non rimane altra lena fuor quella che basta a portare il carico delle memorie! Sofferire? ciò è pur contenuto nella formula dell’editto onde fummo banditi dall’Eden: ma noiarsi? questo ancora peggio che bagnare col sudore della nostra fronte il pane dell’esilio.

Considerata leggiermente la noia potrebbe avere alcun che di allettante; inspirare, a così dire, una spezie di riverenza, o almeno di nobile compassione per chi n’è afflitto. Noiato degli studij? Costui dunque vi ha logorato l’ingegno. Delle ricchezze? Ne ha dunque conosciuto il poco pregio. Dei piaceri? Ne comprese dunque la vanità. Chi voglia per altro esaminare la cosa con alquanto di diligenza, troverà ad ultimo assai raramente derivarsi la noia da queste cagioni. Egli è perchè dagli studij non si ricavano que’ profitti a cui miravasi professandoli, che ce ne disgustiamo. A disamar le ricchezze, anzichè un