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viandante, e non gli fa metter passo inutilmente. È questa quella seconda guisa d’inspirazione che abbiamo accennata, e alla quale possiamo dar nome di perseveranza.

Quella prima alacrità con cui altri, a somiglianza di cavallo volonteroso che all’udir delle trombe scappa fuori del suo cancello, si lancia furiosamente nella carriera che dalla immaginazione è dipinta come la più conveniente; quella prima alacrità, dico, ella è propria di presso che tutti gli uomini, in presso che tutte le loro azioni. Ma al sorger loro del primo intoppo, alla prima cosa che loro vada di traverso, non foss’altro col volgere del tempo, divoratore delle umane volontà non meno che dell’opere tutte dell’arte, il desiderio si allenta, il proponimento vien meno, le forze non rispondono; e ciò ch’era entusiasmo, e poco men che furore, diventa in brev’ora lentezza, irresoluzione, fastidio e dimenticanza. Il cominciare in somma è da tutti, il perserverare è solo di quegli egregij, destinati a dominare i loro contemporanei, e ad improntare il loro secolo del proprio nome e delle proprie opinioni.

Ciò vuole intendersi di tutte quante sono le prove che possono essere tentate dall’ingeguo dell’uomo. La debolezza principale di lui è da conchiudere francamente che derivi principalmente dalla instabilità de’ suoi desiderij. Nulla, dice Montaigne, può avervi tanto mutabile quan-