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entrambi a produrre quella migliore armonia di cui possa essere suscettibile il mondo.
Continuando nella nostra ipotesi bizzarra, quale credercste, lettori miei cari, che delle facoltà Dominate fosse la prima ad esser venduta? Mi par di udire i poveri in coro rispondere (se i poveri leggessero giornali) la fame, la fame: e, non che venderla, la doneremmo. Pur non crederei già che questo fosse, o se ne chiamerebbero in poco d’ora dolenti. Rimanersene senza appetito in mezzo a un popolo che mangia, egli è poco meno che avere perduto gli occhi e udirsi parlare di belle vedute. Il sonno? Ohimė! quel sonno che un acuto poeta fece nascere gemello della speranza a confortare gl’infiniti guai della vita? Chi vorrebbe abitare una contrada nella quale non fosse mai notte? Dunque la bellezza. Che ne dite, signorine galanti, che ad essa sagrificate il riposo e la mensa? L’ingegno? Ma non li vedete que’ letterati sparuti che intisichiscono sopra opere, che forse forse non giungeranno mai ad intendere; che lasciano andar in rovina le loro sostanze per compilar libri; che non chiudono occhio mezza la notte per aggiugnere ore al travaglio della lor mente? Regole generali non credo se ne possono dare. Chi venderebbe prima una, chi un’altra cosa.
Volete che io vi dica in qual modo crederei si potesse rispondere alla domanda? Quelli che possedessero meno sarebbero i più facili a ven-