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III.


Perchè tu scenda, o notte, e di serena
     Calma ristoro apporti a’ cor dolenti.
     Dolce non versi oblio sulla mia pena,
     4Nè han pace o tregua i miei sospiri ardenti.

Già di liete speranze e d’amor piena,
     Care ebbe l’alma queste ombre tacenti;
     Or a sparger querele e van’ lamenti
     8Il disperato mio dolor mi mena.

Ogni d’erba e di fior colle vestito
     Ai cangiati occhi miei fatto è deserto.
     11Mesto dell’acque e delle fronde il suono.

Pur te, notte, invocai da quel romito
     Poggio, e al mio duol sperai conforto certo
     14Ah la pace del cor non è tuo dono!