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XXVIII.

AD ANNA F.

(In morte del suo figliuoletto).


Quando tra il sonno, che serpeggia lieve
     Negli occhi tuoi non mai sazii di pianto,
     A te il caro ne viene e bello tanto
     4Unico tuo, che vita ebbe sì breve;

E, come vivo a te fatto daccanto,
     T’abbraccia e bacia e i tuoi baci riceve,
     Dirò che un’ombra al sen stringi soltanto
     8E la coltre le tue lagrime beve?

No, sventurata; il figlio, il figlio stesso
     Egli è, che dalla pace ove dimora
     11Torna bramoso al tuo materno amplesso.

E tutta notte, finchè giunga l’ora
     Ch’ei ti fu tolto, a te veglia dappresso,
     14E dilegua cogli astri in sull’aurora.